Il mio articolo
LA SVOLTA
“Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di tentare qualcosa?”
(Vincent van Gogh)
La chiave della svolta artistica della mia vita, molto probabilmente è da ricercare nell’insieme di valori riscoperti: l’avvenuta consapevolezza di vivere appieno la passione familiare dell’arte, la determinazione nel proseguire i propri obiettivi ed il coraggio di sperimentare tecniche e materiali nuovi per segnare la propria contemporaneità artistica, in un processo che vede le proprie emozioni espresse attraverso l’azione pittorica.
Critiche
Franco Cipriano
Pictura activa
Lo spazio del segno e del colore
nelle opere di Enzo Cino.
Dott.ssa Angelica Falcone
La ricerca artistica di Vincenzo Cino, pittore che opera tra Napoli e il territorio vesuviano, giunge con questa mostra ad un cambiamento di rotta, una “Svolta”, appunto, nata dall’esigenza di una trasformazione stilistica, una naturale evoluzione personale e professionale.
Dal realismo lirico di ispirazione paterna, Cino sviluppa inizialmente un interesse per il paesaggio e per la terra di appartenenza, approdando, invece, negli anni della maturità ad un’arte pittorica che nulla ha a che fare con la chiarezza della figurazione, né si propone in alcun modo di rappresentare sulla tela una realtà che non rispecchia il suo mondo interiore.
I lavori esposti sono dunque il risultato di una rivelazione, un’epifania giunta al termine di un lungo e sofferto processo di ricerca ed intima analisi del sé: le sue opere sono vere e proprie composizioni spirituali che trovano punti di riferimento nelle correnti dell’Astrattismo lirico e dell’arte Informale.
Spariscono la figura umana ed il paesaggio e spunta un’idiosincrasia verso ogni genere di forma nella sua definizione tradizionalmente riconosciuta ed accettata. Oltre alla negazione di una conoscenza razionale della realtà, Cino conserva dell’arte Informale l’istantaneità del gesto pittorico, il cui fine è quello di preservare l’autenticità dell’ispirazione e della produzione.
Non esiste più un soggetto protagonista dell’opera; al contrario, il modo in cui il colore steso sulla tela viene percepito da chi osserva va a costruire il vero e proprio soggetto, che è sempre un soggetto emotivo. Siamo di fronte, dunque, ad una creazione partecipata dell’opera d’arte a partire dai suoi elementi compositivi: il colore e la materia.
La gamma cromatica è varia e variopinta: l’artista predilige nella maggior parte dei casi tonalità più accese, sanguigne, stese su tela, iuta, legno e cartoncino con pennellate generose ed impulsive, senza escludere, talvolta, quelle più eteree e luminose. Più di frequente ricorrono – non a caso – le sfumature del blu e del rosso, a rimarcare, forse inconsciamente, il legame profondo con le proprie radici: le profondità del mare e la potenza minacciosa del Vesuvio.
La combinazione tra le non-forme e i colori è strettamente connessa con l’elemento spirituale nell’artista, che fa propria la lezione di Kandinskij cercando l’espressione diretta dell’emozione individuale. “La composizione è sempre di più una pulsione piuttosto che il risultato di una riflessione”, afferma. Se l’arte è quindi rivelazione dell’animo umano, sarà necessariamente costituita dall’unità dialettica degli opposti: talvolta aggressiva e violenta, talaltra poetica e sentimentale.
L’arte di Vincenzo Cino incita all’errare poetico, all’evasione del flaneur che, oppresso dal peso della realtà, cerca rifugio in un altrove immaginifico fatto di contemplazione della bellezza, di libertà espressiva, di manifestazione chiara e coraggiosa tanto della propria forza, quanto della propria fragilità.
Dott.ssa Leonarda Zappulla
Vincenzo Cino nasce a Portici. Il padre, anch’egli pittore, infonde in lui la passione per l’arte. Se per il padre, pittore di matrice classicista, la precisione della figurazione era il caposaldo della sua professione, al contrario per Vincenzo la composizione è frutto di una pulsione interiore. Per dirla con le sue parole “la serenità, la spontaneità, la velocità delle pennellate, la disposizione delle macchie e la scelta dei colori non sono altro che lo strumento, la connessione tra lo spirito e la tela”. La ricerca pittorica dell’artista si basa sull’astrazione e rispetta sino in fondo l’emozione creativa. La sapiente coniugazione di forma e colore trasmette un costrutto armonico dalle forti potenzialità poetiche, un linguaggio gestuale che rievoca in alcune tele una reminiscenza di spazialità realistiche e in altre un finissimo lirismo svincolato da ogni vincolo accademico o formale. Le composizioni di Vincenzo Cino si offrono agli occhi del fruitore come raffinate sinfonie cromatiche ricche di contrappunti, capaci di catturare l’attenzione e di trasportare gli osservatori verso paesaggi fruibili solo con l’immaginazione, paesaggi emozionali diretti e sinceri.
Arch. Fabrizia Cino
HWCD – Senior Interior Designer – Londra
“Nella pittura del nostro artista, sempre aggressiva e spontanea non c’è monotonia. Cino crea composizioni armoniose di grande valore artistico.”
Dott. Francesco Funghi
INFINITESIMA (P)ARTE
Dott. Francesco Funghi
Storico e critico d’arte e direttore di Vault |Art| Consulting
Napoli è una città che sconvolge i sensi. Un territorio dove esistono infinità di luoghi tutti apparentemente simili ma se osservati con attenzione e analizzati nella loro più profonda essenza, completamente differenti tra loro. Terra che ammalia, incanta, pervade e tradisce. A Napoli niente è apparente e per conoscerla la si deve vivere costantemente, obbedendo alle regole che essa impone. Le luci, gli odori e i suoi rumori non sempre ci raccontano fino in fondo la vera natura del luogo non comune partenopeo.
Cino Vincenzo rispecchia questa più profonda essenza. La sua prassi pittorica esula dalle stantie letture sull’astrattismo, spesso accostato a momento di evasione o di percezioni visive alterate. Potrebbe sembrare che nelle tele venga esposto il proprio sé o espressa la propria emotività, si potrebbe anche cedere nella tentazione di accostarlo alle correnti informali o all’espressionismo astratto. Interrompendo lo sguardo ad un primo passaggio visivo delle creazioni dell’autore porticese, si potrebbe semplicisticamente descriverle come indefinibili o eteree e non accorgersi che è l’analisi la loro vera chiave di lettura. La sua creatività trova sicuramente i prodromi nei ricordi giovanili nei quali la figura del padre pittore è presenza autorevole che ha contribuito, tramite i propri insegnamenti, a nutrire le radici della futura prassi pittorica del figlio. Radici che sono diventate solide in età adulta grazie ad un aspetto che ha pervaso la sua quotidianità, per gran parte della sua vita: la scienza.
Cino Vincenzo intraprende gli studi di biologia tra un dipinto di genere e l’altro, facendola diventare in seguito la sua professione. Nelle interviste o nelle presentazioni descrive le proprie opere come nate dalle sensazioni che percepisce durante il tragitto che solitamente percorre a piedi, tra casa e il suo atelier. Questo sentire che l’autore dichiara è sicuramente insito nelle sue creazioni ma ciò che non ci svela nel linguaggio verbale è la profonda attenzione all’analitico, componente di vitale importanza che emerge dal suo linguaggio astratto. L’occhio che dipinge è il solito che guardava dal microscopio quelle parti della natura mille volte più piccole di ciò che vediamo ad occhio nudo, per indagare e cercare risposte a comportamenti di minuscole parti, fondamenti per il tutto. L’indagine è l’elemento chiave della pittura dell’artista porticese. I frammenti di colore su campiture monocrome sembrano elementi molecolari di composizioni biologiche complesse, poste in un ordine ben preciso. Il nostro autore non pone a caso gli elementi nella propria composizione ma c’è un attento studio ed una profonda mediazione nella semantica dell’artista. Ciò che lui vede si trasforma in un linguaggio altro dove il significato e il significante vanno nella stessa direzione. Le porzioni cromatiche sono concatenate come fossero
filamenti di DNA di qualche organismo vivente, al fine di dar vita ad una narrazione coloristica che pone l’obbligo di dover indagare sulla natura dell’opera stessa. Nelle scienze a differenza che nelle arti visive, tutto deve essere calcolato in modo tale che le proiezioni matematiche, l’astrattismo per antonomasia, portino ad un risultato certo, gli sviluppi di una teoria. Tradendo le nostre aspettative, Cino va al di là di ciò che noi vorremo vedere, conducendoci in un ambiente figurato dove l’apparenza ed il piacevole non ammiccano più, anzi le tracce di colore che ci ammaliano, si trasformano in elementi ani-conici, perdendo tutto il loro aspetto decorativo. Ecco che si ricollegano le strade della sua terra, la storia della scienza con quella dell’arte. Il suo mondo fatto di grandezze infinitesime fa parte di un tutto che, osservato da una prospettiva semplicistica e rilassata, fa emergere i tramonti, gli odori e le bellissime tipicità del mondo partenopeo ma se spostiamo il nostro sguardo da un’altra prospettiva, come ci insegna la scienza, emergono invece miliardi di altri elementi. Questi possono mettere fortemente in discussioni le nostre teorie sul bello, sull’affascinante e sul piacevole, aprendo ad analisi più strutturate come ci insegna Vincenzo Cino, tramite il proprio linguaggio visivo.